Libertà creativa e semplicità. Ovvero l’arte della tavola
Designer generation

Libertà creativa e semplicità. Ovvero l’arte della tavola

Gianni Cinti, il designer che vanta nel suo curriculum collaborazioni con MSGM, Giovanni Valentino (China), VF Corporation, Miroglio Group, Ferrè Foundation, Sambonet, Pininfarina si racconta a Milano HOME.

Un design comunicativo, ricco di richiami artistici e culturali, frutto di una ricerca estetica e concettuale che si racconta in un décor ricco, seppur minimalista e contemporaneo. Gianni Cinti è un designer la cui curiosità intrinseca si trasforma in sofisticati giochi progettuali, espressi in collezioni per la tavola dal forte potere comunicativo.

 

Le sue linee firmate per Rosenthal e Sambonet descrivono uno stile moderno e ricco di significati, nato da una recherche culturale capace di mischiare diverse conoscenze e realtà. Sapere antico, tradizione e una visione personale che si coniugano con la metodologia di Bruno Munari, dove il gioco è libertà creativa e la semplicità nasconde messaggi profondi.

 

 

Da cosa nasce un’idea e come si può trasformarla in design?

 

Un’idea può nascere da qualsiasi cosa: è un ricordo, un pensiero, un profumo o una storia. Per tradurla in progetto occorre invece mestiere, ricerca e profonda conoscenza della metodologia: ogni questione epidermica va analizzata, pensata, codificata e poi tradotta affinché possa essere riconosciuta e condivisa con tutti.

 

 

Quale direzione sta prendendo il concetto estetico di tableware?

 

Il tableware è strettamente legato allo stare insieme e al cibo, due aspetti che negli anni sono cambiati in ogni latitudine. Per questo la tavola assume la sua funzione di incontro con forme mutevoli e nuove, capaci di abbracciare tradizioni e culture diverse, superando barriere e confini: la tavola (fortunatamente) non conosce la guerra.

 

 

Cosa caratterizza, e quale futuro attende, la tavola firmata da Gianni Cinti?

 

Sono molto interessato agli incontri, tra materie nuove e forme diverse. La tavola è un codice che va conosciuto e poi condiviso, e in questo “perimetro” è bello ritagliarsi spazi neutri dove combinazioni e giustapposizioni sfociano in nuovi linguaggi visivi.

 

Al momento, sento una forte spinta verso il colore. Non uno in particolare, quanto le innumerevoli variazioni e mutazioni che una tonalità può offrire. Sto riconsiderando con grande interesse i colori della terra (la mia terra, l’Umbria) nelle innumerevoli nuances dei naturali, delle argille e del fango, fino al nero assoluto.

 

 

Quali plus ispirazionali, secondo te, apportano le fiere di settore agli addetti ai lavori?

 

Le fiere sono un momento importante per i designer perché restituiscono una fotografia molto attendibile dello stato dell’arte e, allo stesso tempo, sono un osservatorio privilegiato per ciò che accadrà.

 

Occorre però che le fiere si configurino come “ponte” in grado di connettere ruoli e giocatori diversi, offrendo un punto di vista plurale e aperto, e allo stesso tempo concreto, sulle questioni progettuali e formali con cui designer e fruitori si trovano a confrontarsi.