Nuova residenzialità e realtà omnicanale degli spazi retail
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Nuova residenzialità e realtà omnicanale degli spazi retail

Due talk organizzati da POLI.design hanno posto l’accento su tematiche attuali che hanno a che fare con le nuove abitudini di lavoro e le molteplici esperienze che si possono vivere all’interno dei punti vendita 

Due incontri organizzati da POLI.design rivolti alla nuova residenzialità e alla nuova veste assunta dagli spazi vendita, due appuntamenti che a Milano Home hanno affrontato tematiche attuali con il contributo di chi – designer, esperti di marketing e advertising, architetti, musicologi – è chiamato a reinterpretare e a dare una moderna visione, più funzionale e appropriata, ad ambienti che hanno subito profonde trasformazioni.

 

Quello della “Residenzialità diffusa” è un nuovo modo di vivere e concepire la casa e l’ufficio, due mondi che, specie durante il periodo del Covid, si sono trasformati in un ambiente unico e hanno conferito nuove funzioni alle seconde case e alle dimore di villeggiatura.  

 

“Lo smart working è l’esempio più tangibile e concreto di questo nuovo modo di approcciare al quotidiano – ha detto Francesco Scullica, professore ordinario di Disegno Industriale presso il Dipartimento di Design del Politecnico di Milano. Dall’ufficio il lavoro si è trasferito nell’abitazione principale ma anche nella casa destinata alle vacanze, così come, a partire dalla fase post Covid, non è infrequente svolgere incontri nei bar e negli esercizi commerciali che hanno ridisegnato la loro attività attrezzandosi per ospitare occasioni di business”.

 

“Questa rapida trasformazione ci ha colto impreparati, non è stato semplice nella fase iniziale dare una risposta significativa a livello di spazi e di contenuti estetici – aggiunge Fabio Daglio, architetto e docente presso il POLI.design ­– c’è voluta una interazione stretta tra le varie figure per pervenire a definire schemi in grado di creare esperienze artistiche all’interno degli spazi lavorativi”.

 

Gli appuntamenti curati dal POLI.design sono intessuti di un approccio di ricerca forte, è un elemento, questo, che ha avuto un ruolo preponderante grazie ai continui studi che hanno portato a definire margini di manovra efficaci e in grado di intercettare i reali bisogni dei punti vendita e delle persone.

 

È indubbio che, superata la fase più critica della pandemia, i riflessi di quella nuova metodologia di lavoro che si è diffusa durante quel periodo sia ancora oggi viva ed esercitata con profitto. “Quelle che erano dimore secondarie oggi sono diventate sedi privilegiate di confronto, discussione e intrattenimento. Non assolvono più a una sola funzione che era stata loro assegnata in partenza – luogo di relax, vacanze e altro, continua Daglio – ma sono espressione di un reale cambiamento degli stili di vita per, che per quanto indotto da una causa esterna, oggi è stato assimilato, fatto proprio al punto da essere diventato una sorta di stile di vita”.

 

Dalla dimora agli spazi vendita il passo è breve, in questo caso l’esigenza più marcata è quella di comprendere come l’utilizzo di nuovi materiali possa aiutare i retailer a ingaggiare nuovi clienti.

 

L’architetto Silvia Pilotti ha ridisegnato il nuovo concetto di negozio e showroom che non va più considerato come “la sede dove entro, vedo e acquisto ma diventa un contenitore di esperienze dove c’è un momento di condivisione e di relazione. Posso comprare, far riparare gli articoli, fare cultura attraverso forme di divagazione. Lo store diventa un luogo di formazione e si apre alla comunità territoriale”.

 

Matteo Cozzi, esperto di tecnologie digitali applicate a marketing e advertising legati alla relazione tra i brand e il consumatore, ha spiegato l’impatto della tecnologia sulla trasformazione dell'esperienza d'acquisto nei punti vendita, un contesto dove “la tecnologia retail media emerge come una leva strategica, offrendo un nuovo paradigma per l'interazione cliente-negozio generando un impatto significativo sull'esperienza d'acquisto dei consumatori”.

 

Schermi interattivi forniscono dettagli approfonditi sui prodotti, mentre “l'analisi dati in tempo reale consente una personalizzazione mirata, creando un ambiente unico per ciascun cliente. La transizione fluida tra canali online e offline contribuisce inoltre a consolidare la relazione cliente-negozio”.
 
In conclusione, “la tecnologia retail media rappresenta un elemento chiave nella trasformazione del retail tradizionale, offrendo opportunità significative per migliorare l'esperienza d'acquisto. L'adozione di tali soluzioni non solo risponde alle esigenze dei consumatori moderni, ma può anche conferire un vantaggio competitivo significativo ai rivenditori che abbracciano l'innovazione. Siamo dunque in un momento cruciale in cui il settore del retail può plasmare il futuro dell'esperienza d'acquisto attraverso l'integrazione efficace della tecnologia retail media”.

 

Umberto Monchiero ha invece posto l’accento sul suono negli spazi retail.

“Oltre al senso della vista si deve ragionare su olfatto, tatto e soprattutto udito. Il suono nel retail è spesso considerato un elemento di importanza secondaria, invece deve essere progettato accuratamente, in quanto componente primario del rapporto tra uomo, tempo e spazio”.

 

Ecco, quindi, che prende corpo il soundscape, ovvero il “paesaggio sonoro”, termine coniato da Murray Schafer nel 1977, caratterizzato da vari tipi di suono – tonica, che evidenzia chi vive in quel luogo; suoni segnale e impronte sonore, caratteristici di un determinato ambiente – che favorisce il relax dei visitatori portati a rimanere più a lungo nello spazio vendita e potenzialmente indotti a spendere di più.